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La bioliquefazione enzimatica è l’ultima frontiera della cosmesi Made in Italy, ma pochi conoscono questa nuova tecnica innovativa: ecco la bioliquefazione enzimatica cos’è e a cosa serve.

     


Le preoccupazioni sulla sicurezza dell’utilizzo di molecole sintetiche e la volontà di ricercare molecole più economiche, ecosostenibili e biocompatibili, hanno spostato l’interesse, soprattutto nel campo della cosmesi naturale, verso molecole naturali derivanti da fonti vegetali, animali, marine e biotecnologiche.

Inoltre, al giorno d’oggi i principi attivi di origine vegetale (polifenoli, flavonoidi, antociani, vitamine, acidi ferulici, ecc.) giocano un ruolo primario nella produzione di cosmetici, nutraceutici, fitoterapici e nonostante ciò l’uso di estratti vegetali ha ancora alcune limitazioni, dovuti ad esempio al metodo di estrazione utilizzato in termini di efficacia, impatto ambientale e sicurezza per il consumatore.

Il tentativo di risolvere questi problemi ha portato alla scoperta di un metodo innovativo tutto Made in Italy che sta già rivoluzionando il settore della cosmesi green. Vediamo insieme di cosa si tratta e da cosa ha avuto origine.

L’estrazione con solvente dei principi attivi vegetali: limiti

I processi tradizionali si basano sull’utilizzo di solventi chimici organici e tecniche di separazione cromatografiche basate sulla diversa affinità delle varie molecole target con la fase mobile selezionata. Tuttavia:

  • nelle piante sono presenti contemporaneamente migliaia di composti chimicamente diversi (fitocomplesso) che rendono la tecnologia tradizionale non ugualmente efficace per tutte le molecole target;
  • l’estrazione con solvente è efficace solo su molecole fisicamente intrappolate o trattenute con interazioni deboli nella rete polisaccaridica della parete cellulare vegetale. Nei vegetali, però, le migliaia di molecole potenzialmente interessanti sono legate covalentemente alla parte solida della matrice vegetale e non possono essere estratte con le tecnologie tradizionali.

Molecole naturali ecosostenibili e biocompatibili: dove trovarle

Le molecole naturali ecosostenibili e biocompatibili si possono ricavare dalla biomassa, la frazione biodegradabile dei prodotti di origine biologica provenienti dall’agricoltura, dalla silvicoltura e dalle industrie connesse. I carboidrati e la lignina rappresentano la percentuale maggiore di biomassa, sono costituiti da carbonio, ossigeno e idrogeno, e si trovano principalmente nelle pareti delle cellule vegetali; includono monosaccaridi quali glucosio e fruttosio e polisaccaridi quali cellulosa, emicellulose, amido e pectine.

Non tutte le frazioni biodegradabili (organiche) servono alla cosmesi green: devono infatti possedere almeno una proprietà desiderata come, ad esempio, un elevato contenuto di polifenoli, un alto potere antiossidante, la capacità di migliorare le proprietà sensoriali e agire sulla levigatezza della pelle. Infine, come un cosmetico comune, deve soddisfare i requisiti imposti dalla normativa vigente a livello europeo in termini di sicurezza fisica, chimica e microbiologica.

Per bioraffineria si intende “l’insieme dei processi sostenibili di trasformazione della biomassa in molecole di base ad alto valore aggiunto (chemicals)”. La  trasformazione della biomassa comprende due possibili approcci: l’idrolisi chimica e l’idrolisi enzimatica. Attraverso il processo di idrolisi le catene polimeriche vengono scisse nei loro costituenti, i monomeri, dai quali è possibile produrre “chemicals” attraverso processi chimici o fermentativi.


Bioliquefazione enzimatica: cos’è e a cosa serve

La lavorazione diretta degli scarti freschi per produrre contemporaneamente più prodotti, basata su un processo di bioraffineria integrata che impiega una combinazione di diverse tecnologie è risultata essere un approccio promettente. Tutto ciò è stato sperimentato presso l’università di Bologna, utilizzando la buccia di melograno da scarto fresco: essa è stata macinata, sottoposta a un trattamento termico utilizzando acqua come solvente, e poi a centrifugazione.

Con la centrifugazione si è separato il residuo solido dall’estratto acquoso. A questo punto prende il via il processo di “bioliquefazione enzimatica“: l’intento è aggredire prima le strutture polisaccaridiche che compongono la parte esterna della parete cellulare vegetale, maggiormente pectine, e poi quelle più interne, formate principalmente da cellulosa ed emicellulose.

Ecco quindi che il residuo solido viene sottoposto a trattamento con cellulasi (enzimi della famiglia delle idrolasi, responsabili della digestione della cellulosa: sono biocatalizzatori) ottenendo zuccheri che con la fermentazione hanno dato etanolo; l’estratto acquoso con etanolo fa precipitare le pectine e con la centrifugazione da una parte si isolano le pectine e dall’altra si ricava l’estratto etanolico acquoso, che con la distillazione dà i polifenoli.

La bioliquefazione enzimatica è il processo di diluizione mediante il quale una serie di enzimi trasformano in liquido la sostanza molecolare, permettendo di recuperare una maggior quantità di materia senza alterarla o rovinarla; è un metodo biotecnologico brevettato e a basso impatto ambientale, che sfrutta l’idrolisi enzimatica per produrre principi attivi di origine vegetale per il settore cosmetico., privilegiando come materie prime di partenza i sottoprodotti dell’industria agroalimentare (come ad esempio i polifenoli, carotenoidi, alfaidrossiacidi e molte altre), contenuti in particolare nelle bucce di alcuni vegetali.

L’uso di questa tecnica in cosmesi si basa sull’idea che l’uomo possa usufruire, come fonte di protezione e nutrimento per la propria pelle, degli stessi principi attivi che le piante che vivono sullo stesso territorio sintetizzano come difesa dalle avversità ambientali.

La bioliquefazione enzimatica si compone di una combinazione di trattamenti enzimatici ispirati al sistema digestivo umano: le macrostrutture polisaccaridiche e proteiche che compongono la parete cellulare vegetale vengono disgregate, in maniera selettiva, in monomeri e molecole a basso peso molecolare attraverso tagli molecolari mirati. E’ una tecnologia “greenin quanto non vengono utilizzati solventi organici, né generati rifiuti nocivi e il recupero di elementi che andrebbero scartati, assieme all’utilizzo di principi attivi sviluppati nel rispetto dell’ambiente, garantiscono formulazioni ecologiche e dermoaffini.


Bioliquefatti: cosa sono

Mediante bioliquefazione enzimatica, soprattutto dalle bucce di alcuni vegetali, si ottengono i bioliquefatti enzimatici, principi attivi innovativi ricchi di molecole attive e completamente a base d’acqua, privi di alcoli, glicoli, glicerina o altri solventi: sono stati quindi ricavati senza l’utilizzo di solventi chimico aggressivo, ma solo attraverso enzimi naturali.  

bioliquefatti sono principi attivi a basso peso molecolare, maggiormente biodisponibili e rapidamente efficaci, consentendo di ottenere formulazioni di alta qualità e di provata efficacia.


La bioliquefazione enzimatica: il ruolo dei biocatalizzatori

Un enzima è composto da un sito attivo che interagisce con uno specifico substrato formando dapprima un complesso enzima–substrato e infine un prodotto. La capacità di catalizzare una reazione chimica è strettamente correlata alla struttura molecolare dell’enzima ed è influenzata da pH, temperatura, concentrazione di substrato e presenza di molecole in grado di inibire tale attività.

L’uso dei biocatalizzatori offre i seguenti vantaggi: condizioni operative (pH, temperatura, pressione) blande, alta efficienza in ambiente acquoso, elevata regio e stereoselettività con possibilità di ottenere composti enantiomericamente puri e sostenibilità del processo. Inoltre i biocatalizzatori agiscono riducendo la barriera energetica di attivazione di una reazione, aumentandone la velocità, senza prendere parte alla reazione stessa ed esserne alterati. Ecco perchè sono stati giudicati, dalle ricerche, migliori che i solventi.

Attualmente i biocatalizzatori più utilizzati appartengono alla vasta gamma delle idrolasi tra cui carboidrasi (pectinasi, cellulasi, amilasi), emicellulasi e proteasi. Essi vengono prodotti dalla fermentazione di diversi tipi di microrganismi come funghi, muffe, lieviti e batteri a seconda del tipo di substrato che si vuole scomporre (pectine, cellulosa, emicellulose) e, quindi, del tipo di attività desiderata (pectinasica, cellulasica, xilanasica, amilasica). I microrganismi, infatti, producono enzimi che aggrediscono, in modo altamente specifico, i vari tipi di substrati vegetali e li convertono in nuovi prodotti utili per il nutrimento e la crescita dei microrganismi stessi.

L’utilizzo di specifici enzimi rende possibile il recupero di fitocomposti e altre sostanze terapeuticamente inattive (pectine, cellulosa, emicellulose). I fitocomposti sono sostanze bioattive non nutritive, risultanti dalla combinazione di più principi attivi, con proprietà terapeutiche che possono influenzare positivamente la salute e contribuire alla prevenzione di malattie. Dopo trattamento enzimatico questi principi attivi risultano altamente biodisponibili ed utilizzabili come ingredienti per l’industria cosmetica, nutraceutica e farmacologica.


La bioliquefazione enzimatica in cosmesi: esempi Made in Italy

Alcune ditte italiane che per prime hanno scelto di produrre prodotti cosmetici mediante bioliquefazione enzimatica sono Purophi e i prodotti in forma liquida di Phitofilos.

Dott.ssa Laura Comollo


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